giovedì 3 aprile 2014

Evgenij Onegin la Russia di Puškin e Čajkovskij


Eugenie Onegin, tratto dal poema di Puskin, lirico luogotenente della cultura russa, é un dramma romantico in tre atti, riportato al melodramma dal primo e più grande compositore di nazionalità russa Pėtri ll'ic Čajkovskij, celebre soprattutto per le composizioni di storici balletti come Il lago dei Cigni o LoSchiaccianoci.



L'Eugenie Onegin insieme alla Dama di picche, é tra le poche Opere del compositore, probabilmente la più importante, mancava dal palcoscenico del Teatro Comunale di Bologna da almeno un decennio, recentemente è stato riproposto anche al San Carlo di Napoli per la regia di Michael Znaniecki diplomato alla Paolo Grassi e laureato al Dams di Bologna. Al Comunale, invece la regia è stata affidata Mariusz Trelinski, curioso, rilevare come entrambi i registi, quasi coetanei, siano di Varsavia, e come entrambi, pluri premiati e riconosciuti internazionalmente,  si siano contesi e avvicendati nel ruolo di direttore artistico del Teatr Wielki Polska Opera Narodowa (opera nazionale polacca) dove svolgono la loro attività, qui rileviamo come la scena polacca in special modo quella di Varsavia, si conferma ad oggi una delle più interessanti, nel panorama delle produzioni liriche europee.

L'Onegin, porta nelle sua costruzione narrativa, molti dei capisaldi della cultura russa del'800, essenzialmente un poema romantico, fatto di archetipi della figura umana che messi a confronto si sfidano tra loro, il testo si presta a una semplice lettura, la trama scarna ed essenziale lontana dalla complessità e agli intrighi drammatici classici dell'opera all'italiana.
L'impostazione di Puskin è molto è più profonda, lampanti emergono le lotte tra i tratti essenziali dell'animo umano, tra i valori di riferimento dell'epoca, fatta di onori e amori romantici, nel periodo storico inserito nella sacralità dell'idealismo ancora non messo in ombra dal materialismo.
Tali tratti emergono chiaramente nella pochezza e nell'egoismo di Onegin giovane mondano (dandy) di frivoli principi, avvezzo al divertimento e all'arroganza, sicuro di se è del suo fascino,  e sprezzante dell'altrui sensibilità, un figura  che nei primi del '900 si sarebbe detto decadente.
L'egocentrismo del protagonista, avrà la meglio sull'altruismo, la vitalità, l'ingenuità, l'amicizia di Lennskij, giovane poeta che morirà sotto il fuoco di Oneign in un duello, prefigurando la morte di Punskin stesso, che in duello con il barone Van Heecheren rimarrà ferito mortalmente morendo pochi giorni dopo. La poesia e la purezza ma anche l'onore e la dignità, di Lenskij uccise dalla frivolezza e dall'arroganza di Onegin, rendono l'idea del significato profondo del melodramma, e di come tale enfasi distruttiva tra valori contrastanti possa essere rappresentata nell'Opera lirica.
Sarà la purezza e fragilità di Tat'jana innamorata di un Onegin disinteressato all'amore umile e semplice della fanciulla e orientato allo sfarzo dell'alta società, che avrà la meglio sull'arroganza del protagonista, quando la stessa Tat'jana sposata al pluridecorato principe Gremin in grazia alla corte dello Zar, allontanerà un Onieigin ficcato e disorientato dalla maturità che si prostrerà ai suoi piedi nella speranza di esercitare nuovamente il suo fascino e subirà invece il dei lei rifiuto prendendo atto della sua pochezza e dichiarandosi dannato.

Lo spettacolo in se ha tratti vivaci, la  regia di Trelinski è votata a un impianto di fondo che definirei " spettacolare" pur senza eccessività, si esagera un po' con le luci, inserendo molti colori, fuxia, giallo fosforescente, rosa, dando all'Opera una dimensione di un pop non dichiararato, anzi negato, detto e taciuto al contempo. Una lettura non proprio ortodossa - non che chi scriva ami l'ortodossia in se - ma di fatto la messa in scena del Teatro russo, richiede un'attenzione soft, in passato proprio al Comunale di Bologna per rimanere su uno spettacolo russo, la Dama di Picche di Richard Jones, aveva avuto queste attenzione, memorabili alcuni dipinti fondali in sovrapposizione, qui invece, si respira anche se in maniera non evidente, l'aria di Musical, e questo per un  Čajkovskij (modesto avviso) non va bene.  Molto azzeccata invece la scelta della passerella in viso alla platea, curato il linguaggio prossemico  dei personaggi, dove si vede molto l'impronta cinematografica del regista, i ballati, (a cura della compagnia Artemis) di cui l'Opera è ricca, tra valzer, mazurche, danze scozzesi, sono vivaci anch'esse. Interessante è stato soprattutto, il voler creare un alter ego, muto e bianco come il suo fantasma, di Onegin, onnipresente in scena è il riflesso della sua anima, interpretato con notevole arte mimica, dal coreografo in persona Emil Wesolowsky.

Nel complesso, per un pubblico classico, la regia e le scene e i costumi saranno molto gradevoli.

Le composizioni del Čajkovskij d'Opera, non hanno mai avuto picchi memorabili, il compositore, raggiunge le sue vette, con la composizione per balletti, nel merito manca di drammaticità e del travaglio d'animo tipico del Trovatore di Verdi per fare un esempio, o della Norma di Bellini
Questa diretta da Aziz Shokhakimov giovane direttore ventiseienne di nazionalità uzbecha alla sua prima direzione d'Opera in occidente, é pero un'interpretazione che va ben oltre l'impeccabile.
Il direttore audace e sempre in sintonia, da un imprinting peculiare all'Opera, domina e motiva l'Orchestra, spettacolare nei violoncelli, e in alcuni virtuosismi delle prime file di questi, sublimi chiaramente i ballati, ma sopratutto, il direttore è in grado di restituire drammaticità all'Opera ed è in totale sintonia con i cantanti, che lo seguono ciecamente.

A Tal proposito si segnalano tre punti e relativi interpreti assolutamente da ascoltare, l'aria di Lenskij seconda scena, secondo atto, meditabondo e colpito al cuore, mentre canta le sue sventure ridandosi dignità ed onore in attesa del duello mortale, è Sergey Skorokhov tenore di grazia.

Scena danza scozzese prima scena, terzo atto, su aria del Principe Gremin interpretato da Aleksei Tanovitsky  basso.


Da segnalare con maggior rilievo, è però la splendida interpretazione di Anna Kraynikova nelle vesti di Tat'jana, giovane soprano, russa, formatasi alla Scuola dell'Opera, proprio al Comunale, e specializzatasi nel ruolo, che ha portato in giro per il modo Cina compresa. Offre una splendida performance in particolare nella scene finale dell'Opera, dove anche grazie al regista che sceglie di posizionare l'ultima scena di spalle al maestro e in viso alle prime file della platea, si raggiunge un tenore drammatico notevole, amplificato dall'unico duetto degno veramente interessante dell'Opera, quasi sublime e sicuramente travolgente. Peccato che la Kraynicova, faccia parte però della seconda compagnia, visto che la sua interpretazione sarebbe stata molto più valorizzata se inserita al fianco di Artur Rucinski nel ruolo di Onegin nella prima compagnia.


Unico rimprovero va al pubblico della prima, per la sua assenza, la sala presentava ampie zone vuote, come fu per The Turn of Screw di Britten, la sensazione è che il pubblico della Città, sia un po' superficiale, e che segua solo i titoli di ampia risonanza, come Tosca o Rigoletto ecc. non rendendosi conto, che l'Onieigin è un caposaldo della lirica mondiale, e come questo molti altri spettacoli che non sono del repertorio italiano... diremo che l'Opera è internazionale, ma che a Bologna il pubblico (specie quello della prima) è un po' provinciale.

Renè Valenzia