lunedì 23 dicembre 2013

I vecchi e i giovani, ovvero: Taddei tra vecchia economia e dolcestilnovo

 Ricordo un incontro al circolo Pass Partout in via Galliera a Bologna, uno storico circolo dalemiano di quella Bologna che ha seguito e determinato le varie e innumerevoli trasformazioni della sinistra italiana, che una volta era il PCI. Lo ricordo come un momento emblematico di una transizione sofferta ,era il momento in cui gli ex Ds del Pd provarono con Bersani a rimanere se stessi, sembra passato un decennio eppure era un anno e mezzo fa, oggi l'atmosfera in casa Pd è indefinita tra il giovanilismo e una sorta di voglia di partecipare ad ogni costo, solo per il desiderio di essere attori in pol position, senza di una chiara meta essere coscienti, se non del governare fine a se stesso. Non vedo ombra di visioni, di idee, non vedo collocazioni, nè vedo confini, non vedo quello che é giusto e quello che é sbagliato, non vedo molta differenza tra Renzi e Grillo. Vedo  molte analogie invece, l'insostenibile voglia di rottamare, l'arguta e opportunista franchezza mediatica, il mettersi a disposizione del tormentone di turno, assecondando le istanze in grado di portare consenso, solo per l'utilità, per il ritorno. Vedo la caduta libera delle idee con la stigmatizzazione dell'ideologia, che ha generato mostri a facce pulite, propensione al leaderismo tout court, mancanza di autonomia decisionale. Al circolo Pass Partout in quel di Galliera nel 2013, si proponevano lezioni di politica, come se questa potesse essere insegnata, dispensata a chi ne voglia fare uso e consumo. La lezione che andai a vedere, era tenuta da un giovane, mio coetaneo, Filippo Taddei si chiamava.  Ci andai per curiosità, perché avevo sentito parlare di Filippo a proposito di una bella iniziativa organizzata a Bologna nell'autunno del 2011 con Pippo Civati e Deborah Serracchiani. Da un pó mi dilettavo in letterature di pensiero economico, avevo alcuni maestri di riferimento come il professor Giovanni Arrighi della Jonh Hopkins autore di uno splendido libro dal titolo "Adam Smith a Pechino", un testo utile a districarsi in questa molle e opinabile materia che é l'economia contemporanea, una disciplina che ho imparato a capire, una disciplina che si fa di tutto per renderla dura e scientifica, ma che in fondo non risulta più incerta delle altre, cosiddette sociali e molli. Non che sia un esperto, la mia  é una formazione umanistica, ma dal 2007 in poi, avevo preso a leggere una serie di testi che mi hanno aperto un mondo, come  "la conoscenza e la ricchezza delle nazioni. Storia di un indagine economica"  di David Warsh  o il bellissimo "L'enigma del capitale e il prezzo per la sua sopravvivenza" di David Harvey . Anche Taddei proveniva della Jonh Hopkins e decisi dunque di andare, convinto che insomma sarebbe stata una buona occasione per capire che pensiero economico gira intorno al PD. Arrivato mi sedetti in mezzo a una decina di trentenni, post laureati e in cerca di autore, pieni di quadernoni, e cellulari, e tablet, ecc. alcune altre persone sedute sparigliate, il tutto in una saletta un po' cupa. Dietro di me, un po' in disparte, una presenza mi metteva un po' di soggezione, si trattava di un signore sulla settantina, capelli bianchi lunghi, statura media, occhiali. Aveva un atteggiamento sornione, sicuro di sé,  si atteggiava e un po' si dimenava inquieto sulla sedia, con quel fare tipico di chi vuole essere notato. Mi dava una strana sensazione di controllo, o quantomeno di valutazione. La lezione era lì per iniziare, quando il giovane relatore si avvicina al personaggio dai capelli bianchi, e come chino su un confessionale, annuisce con la testa... Poi lo saluta, dicendogli " non si preoccupi professore! ". Probabilmente sbagliandomi, mi dissi che insomma forse Taddei Assistant Professor alla Jonh Hopkins,  subiva la fascinazione intellettuale del professore, e magari forse ne subiva anche gli obblighi contrattuali in scadenza. Iniziò la dissertazione dell'economista, rappresentata molto bene e in maniera molto efficace con una serie di slide.
L'esposizione riguardava il sistema macroeconomico, di due grandi aree l'Europa e gli Stati Uniti, analizzava le pecche dell'Italia, e studiava i motivi del perché la Germania oggi é così forte. Un efficace e convincente esposizione, tradiva però le mie aspettative iniziali, per le quali, forse un po' ingenuamente, mi sarei aspettato di sentire in un circolo storico del PD bolognese, un economista che avesse avuto un taglio social. Credevo, sbagliandomi che, il riferimento a Keynes delle premesse di presentazione della serata, fosse in un senso di riscoperta, una chiave di letturaper un possibile ritorno ad un'economia con un forte input statale. Mai impressione era stata più tradita... l'impostazione era totalmente liberal, con un forte approccio monetarista di stampo fredmaniano, e con un esaltazione delle politiche statunitensi dell'intervento diretto della Fed sull'economia. Insomma poco e nulla c'era di sinistra in tutto quello che stavo ascoltando. Mentre ascoltavo pensavo a come poteva essere stato possibile che il socialismo, che in tutta Europa esiste per dignità propria, in Italia é invece ridotto a un complesso di inferiorità, tale da mettersi continuamente e talmente in discussione, da finre per sposare tesi opposte agli assunti iniziali di partenza. Come se un tifoso romanista, nello sforzo di farsi autocritica, finisse per tifare per la Lazio. Insomma, Taddei stava presentando un discorso che trova i suoi fondatori ideologici e attuatori pratici nella scuola di Chicago, negli ex presidenti della Fed come Greespan, nell'oggettovismo di Ayn Arend, la quale tra l'altro ha avuto illustri seguaci di pensiero, fondatori dell'anarco capitalismo, ma non voglio estremizzare. Taddei stava esaltando le potenzialità del privato in una coalizione che allora si chiamava Italia Bene Comune. Io ero incredulo, così quando il giovane relatore fece una domanda al pubblico chiedendo come mai negli anni '80 il debito pubblico italiano avesse preso una curva esponenzialmente in salita, alzai la mano, e dissi che secondo me la causa andava ricercata nella scissione obbligata che l'Italia dovette fare agli inizi degli anni '80 tra la Banca d'Italia e il Mnistero del Tesoro, scissione che portò a una speculazione sui titoli di stato e a un aumento incontrollato dei tassi di interesse. Qualcuno alla mia destra disse bravo, mi sentì per un attimo sollevato, per cadere subito dopo in una strana sensazione di disagio, come se d'un tratto fossi stato l'intruso di Sel in un incontro del PD (quello senza più la S), i trentenni mi guardavano un po' basiti, e il relatore, con un sorriso un po' sprezzante rispose "grande!" Come a dire... ma che parlai a fare? Disse che non è così che il debito é aumentato per l'aumento esponenziale della spesa pubblica, per la grande industria di matrice statale IRI sprecona e infruttuosa, per l'assistenzaliemo, e per il governo ladro aggiungo io. Chiaramente molte delle variabili esposte da Taddei erano veritiere, ma quello che lui non disse in quell'occasione, é che il debito pubblico agli inizi degli anni '80 era calmierato dalla fusionie tra Bankitalia e Ministero del Tesoro tale fusione garantiva tassi d'interesse bassissimi, difatti i buoni del tesoro messi sul mercato delle aste, partivano da tassi bassi e nel caso in cui non si trovassero acquirenti privati a quei tassi, si fissava un tasso massimo oltre il quale subentrava spesso Bankitalia a comprare, evitando la salita speculativa. Quando nell'81 sulla spinta della politica economica di Milton Freedman dal presidente Regan e la Signora Tacher, l'Italia fu obbligata a scorporare il Ministero del Tesroro da Bankitalia, inizió la perdita del sovranità monetaria del Bel Paese, subito seguita da una speculazione sui tassi d'interesse delle banche private che in breve tempo fecero schizzare i tassi di svariati punti percentuali. La mia osservazione dunque fu respinta in quanto non utile allo sviluppo della tesi, ma bonariamente, mi si passò il fatto (relativamente grave) di essere intervenuto su una tematica data a pochi eletti, con il buonismo che si riserva agli studenti che stanno ancora imparando. Il tipo dai capelli bianchi dietro di me era però visibilmente contrariato dalla mia presenza, iniziava a non farsene una ragione. La dissertazione continuava, e più continuava, più mi renedevo conto che quella era una relazione che non poteva avere senso in quella sede, Taddei, nell'attaccare l'austerithy tedesco, (gioco facile) esaltava la politica della liquidità della Fed americana nonostante fosse chiaro dal grafico  che mostrava che il debito pubblico americano era schizzato di 30 punti percentuali in pochi anni, nonostante oggi in America stia succedendo quello che negli anni '80 é successo in Italia, con un debito
 che naviga ben oltre il 100% del PIL e che più va avanti più mina la solvibilità/affidabilità degli Stati Uniti. Quello che Taddei non diceva, é che quella politica Keynesiana, che iniettava forti quantità di liquidità nel sistema (esattamente come sta accadendo oggi con la Fed che stampa 80 mld € al mese) dando in mano all'autorità statale la responsabilità la discrezione e l'onere dell'intervento, spesso su grandi investimenti pubblici, che determinavano effetti anticiclici sulla crisi, quella politica ha risollevato l'America della grande depressione, ( i documentari di Lorenz sono emblematici ) e l'Europa dal dopoguerra con il piano Marshall. Quella politica, oggi é usta allo steso modo, ma con un diverso fine e un diverso modo, oggi gli Stati Uniti stampano moneta che nasce privata, e che viene circolata, veicolata, gestita, da strutture bancarie private, le quali più che investire negli effetti anticiclici di cui sopra, investono in finanza, in titoli, in indici, in Swap, nel denaro fasullo che ne genera altro. Quello che Taddei non dice, e che una sovranità di un Europa Unita a livello economico e politico, dovrebbe portare liquidità nei Ministeri e nelle Regioni, che decidano di investire sui territori, sulla messa in sicurezza dello smottamento del territorio, sulla riqualificazione energetica, sulla Cultura, creando lavoro impresa e occupazione, con un tipo di investimento che riduce al giusto e non all'oltremodo alla rendita e al profitto. 
Quello che Taddei non diceva, era molto più importante di quello che invece stava dicendo, e visto che si ha peccato "per pensieri, parole, opere e omissioni" le omissioni determinano una culpa, per la quale la mia fiducia al nuovo responsabile economico del PD é negata. Ben altro mi starei aspettato in quella sede, non il più classico dei disegni politici lobbisti delle ristrette cerchie di alcune illustri facoltà statunitensi, dove i professori di nome, altro non fanno che legittimare gli interessi delle banche d'affari che li pagano in maniera diretta nella varie conferenze e consulenze retribuite a centinaia di migliaia... Ma in fondo Taddei fa l'assistente di un professore alla Jonh Hopkins famosa scuola statunitense, nulla c'é di strano se il rampollo rappresenta il modello made in Italy che i professori alla (estremizzo) Larry Summers & Goldman Sachs rappresentano oltreoceano. Fa tutto parte di quello strano servilismo accademico a servizio del capitale economico/finanziario che per essere legittimato ha bisogno di teorie ad hoc vendute come scienza, ma che altro non sono che una claque di bassa lega in un Teatro delle parti, come ben riportato nel film Inside Job che proprio in quei giorni mi accingevo a presentare alla Cineteca di Bologna in una serata promossa da Sel Bologna.

 Il problema però, non era il relatore, dal quale potevo aspettarmi legittimamente quel punto di vista, il problema era la platea, un pubblico di giovani che tra Occupy Pd, rottamatori, aggiustatori, giovani democratici, stelle dell'avvenire, il mondo che verrà e chi sa quale altra diavoleria...  era una platea  entusiasta che non poneva domande, se non domande compiacenti. Ero totalmente sfiduciato, così alla fine, quando chiesero se c'erano considerazioni da parte del pubblico intervenni nuovamente... Ci fu un silenzio da memorie del sottosuolo, ma io ero come il protagonista di Dostoevskij assillato dal mal di denti, dovevo fare qualcosa. Intervenni, chiedendo senza mezzi termini, se avevo sbagliato sede di partito, come poteva essere possibile che in quella sede, si portassero avanti tesi del genere, lontane dal pensiero social democratico. Il professore dietro di me iniziò a mugugnare e a emettere strani versi, era teso, ed ero un po' preoccupato, mi aspettavo che da un momento all'altro stramazzasse al suolo visto che era diventato viola. Venni bruscamente interrotto dalla domanda di un altro trentenne pseudo clone in giacca e riga laterale dei capelli, diligente e ordinato, credo che fece una domanda sull'Imu, qualcosa del genere. Ero preoccupato per il professore, quando intervenne nuovamente Taddei per chiudere la lezione, rispondendo un po' a tutti, su di me disse che ero poco informato, che portavo avanti tesi sbagliate, che l'impero del male era vicino, che non è così che funziona, mi disse che il concetto di socialdemocratico non  esiste, insomma mi facevo troppe pippe. Eppure avevo citato Keynes, Schumpeter, che erano degli economisti occidentali, insomma dei liberali… ero convinto di essere spoglio da ogni peccato. Invece no,  il pacchetto andava preso così com'era, senza osservazioni, altrimenti la Jonh Hopkins non avrebbe più patrocinato. Dovevo uscire, non aveva senso restare lì, ma prima di prendere la via dell'uscio, volli togliermi la soddisfazione di stringere la mano a Taddei per dirgli solo due cose, mi avvicinai, lo salutai, in fondo era bravo e simpatico, ance se parziale, sorridendo gli dissi - Mi avevano detto che avevi organizzato le due giornate con Pippo Civati qui a Bologna, ma ti riscopro molto renziano… - intanto il Presidente di circolo, bersaniano, se al rideva sotto i baffi, lui mi rispose - Si le ho organizzate io, sono un sostenitore di Pippo - ed io sempre sorridendo  - ma hai fatto un discorso alla Renzi/Zingales, come è possibile? Civati non è quello di Occupy Pd? come Occupy Wall Street? -  e lui - secondo me non conosci abbastanza Civati -.

Eh si! li me ne resi conto, non conoscevo abbastanza Civati. Oggi posso dire di conoscerlo, e certo non ha nulla di attraente per un social-democratico démodé, forse la faccia giovane e la barba incolta, forse basterà a qualche ragazzina… o alle televisioni in cerca di immagini per la pubblicità. 

In bocca al lupo a Filippo Taddei, buon lavoro.