venerdì 22 novembre 2013

Effetti Strategici della Cultura, tra Formazione e Produzione

I'Incipit di partenza degli incontri sulla produzione culturale che si stanno svolgendo in questi giorni alla facoltà di scelte politiche, é alla ricerca delle ragioni il più possibile oggettive, del perché Bologna non abbia sviluppato un comparto culturale competitivo a livello nazionale ed europeo , nonostante abbia avuto da sempre le condizioni di partenza per poterlo essere a tutti gli effetti.

In queste condizioni di partenza, rientra sicuramente il fatto che la città d'indole dotta e universitaria, dispone di un'ampia platea di studenti di cui una cospicua parte studiano materie umanistiche, inoltre storicamente la città é aperta al multiculturalismo, caratteristica insita nella sua posizione geografica di crocevia tra nord e sud Italia e nella sua forte attrazione di studenti stranieri Erasmus nonché nella numerosa presenza di immigrati, un altra condizione favorevole é sicuramente il fatto che la città (almeno finora) è storicamente una Città che gode di un economia florida basata sul manifatturiero sull'agricolo e su un modello di produzione cooperativo che si é notevolmente sviluppato.

Ciò detto la città nel comparto culturale risulta fortemente improntata alla distribuzione all'importazione di spettacoli e opere d'arte e a una musealizzazione di fondo.

La produzione é di poco o conto quando non inesistente, comunque non significativa, sembra non vi siano le caratteristiche per la generazione di contenuti, che in genere si riscontrano nella propensione all'innovazione alla ricerca e alla vivacità culturale e nella disponibilità di capitale economica e sociale in grado di investire nella produzione culturale.

In verità come abbiamo detto le caratteristiche ci sarebbero eccome, forse però bisognerebbe interrogarsi sull'eventualità che scelte politiche di tipo strategico, abbiano reso impossibile il proliferarsi di nuove proposte e contenuti.

La questione studentesca e contestatrice. Effetti storici delle scelte politiche sul comparto artistico culturale

Le ragioni del perché a Bologna non si è sviluppato il lato culturale di produzione, come insito nella sua stessa caratterizzazione studentesca e dunque creativa di contenuti, potrebbero in parte essere ricercate in alcune decisioni sbagliate sul piano amministrativo, che negli anni la città ha assunto.

La storia contestatrice della figura studentesca, quella dei collettivi che dal ’77 arriva aggiorni nostri ,traghettata dagli anni ’90 - che in questo periodo sono stati a Bologna molto attivi - ai primi anni 2000, è una storia segnata da molte "esternalizzazioni culturali”, ripetutesi a cadenza quinquennale e caratterizzandosi come scelte di tipo conservatore.

Negli ultimi vent’anni una serie di attività prolifiche legate al collettivismo, centri di aggregazione socio-culturale, si sono posizionati in zone strategiche della città, la bolognina con ill Link, Via Irnerio con il Teatro Polivalente Occupato, alla fine degli anni ‘80 la stessa Via Indipendenza era occupata dai collettivi con l’Isola nel Cantiere, un centro che ha svolto la sua attività nel cantiere dell’Arena del Sole, recentemente il Bartleby in via Capo di Lucca prima e San Petronio Vecchio poi.

Queste esperienze si sono espresse in forme di auto gestione e di autoproduzione, hanno immesso contenuti nuovi in forme nuove, nella cultura prodotta a Bologna in quegli anni. Strutture, nate dallo spontaneismo ed estremamente attive e propositive sul piano dei contenuti culturali, offrivano letture del loro tempo spesso anche di opposizione e incomprensione verso il sistema socio politico, i contenuti si esprimevano in varie forme, spesso musicali, ma anche di teatro sperimentale e cinema indipendente. L’attività di questi centri di produzione è stata in grado di creare opere significative e di diffonderle anche in altre zone del paese con gli studenti fuori sede, che spesso erano i creatori stessi delle opere.

Dopo pochi anni di attività questi centri vengono spostati in altre zone della città, per lo più nell’aria industriale, di fatto decretandone la fine sociale e culturale, snaturandoli dalla loro funzione di produttori e trasformandoli in locali atti soprattutto a concerti o dj set, luoghi in cui si sono insinuate presto dinamiche commerciali improntate all’industria della distribuzione.

Queste scelte furono fatte esclusivamente sul piano politico, verso una tipologia di città che si immaginava più sul piano urbanistico tecnico e infrastrutturale, che su un centro di produzione culturale che potesse emergere in ambito europeo. Quelle scelte non sono state in grado di cogliere la complessità/potenzialità di una città fortemente creativa di contenuti nuovi e rilevanti nel panorama nazionale. Questo è uno dei motivi più forti per il quale oggi viviamo una situazione di stallo culturale nella città che fatica a recepire nuove proposte e soprattutto a incentivarle. 

La stessa ragione per la quale non Bologna non è paragonabile alle capitali europee della cultura come Berlino o Barcellona, pur avendone tutte le carte in regola per poterlo essere.


L'eterna illusione del marketing culturale

La miopia della classe dirigente e il localismo storico del management della città hanno poi disatteso ogni più esile aspettativa. La città manca totalmente di un ottica imprenditoriale negli investimenti in produzione culturale, le grandi imprese pur presenti nel tessuto produttivo bolognese ed emiliano, sembrano non tenere conto dell'esistenza del settore culturale, anche la politica economica adottata dalle attività produttive della Regione o dal Comune, le imprese/enti che gestiscono i comparti della cultura in Città e in Regione sono inquinate da un atteggiamento di fondo poco propenso all'innovazione, atto a veder questo tipo di investimenti, alla stregua di donazioni di beneficenza. 
Il legame tra società economica e politica é a tratti simbiotico, nella condivisione di ideali di fondo legati al cooperativismo, che se da una parte sono stati virtuosi in un quadro generale rispetto ad altre Regioni, dall'altra, manifestano limiti di pseudo monopolio e creazione di
gruppi di influenza in grado di fare o non fare emergere una produzione culturale degna di in città,

Si assiste inoltre a una grande influenze delle Fondazioni bancarie, e di pochi altri portatori d'interesse. Di fondo anche in questo segmento la città sembra avere un'accezione conservatrice.


Cultura Net. Formazione e produzione in link

Le potenzialità che l’ambiente culturale bolognese raccoglie in se, sono potenzialità che, se messe in rete potrebbero generare produzioni culturali significative. Tale pratica net é scarsamente diffusa in città, perché le istituzioni culturali che hanno in mano le redini della produzione, sono spesso eccessivamente autonome e auto referenziate, poco incentivate al coinvolgimento in rete, tese ad
avere una visione del settore, ti tipo verticale ente pubblico - ente culturale - pubblico, che di tipo orizzontale, rapporti tra enti culturali, ottica condivisa nel proporsi agli enti pubblici di riferimento e al pubblico stesso.

I problemi sono riscontrabili in più segmenti, e sono per lo più problemi di sistema, mancano collegamenti sufficientemente consistenti, tra le varie realtà produttive, tra gli enti di produzione e quelli di formazione, tra gli enti di formazione e i centri di circolazione del sapere critico, associazioni studentesche e di settore.

Vi è inoltre una cronica mancanza degli spazi atti alla produzione, che servirebbero a dare respiro a sperimentazioni e piccole produzioni da parte delle di gruppi d’interesse o scuole formative, che in mancanza di risorse dirette, chiedono accesso ai mezzi di produzione. Tutte le grandi realtà teatrali o cinematografiche italiane o estere, hanno spesso alle spalle riconosciuti e invidiati centri di formazione, dove questa stessa si fa produttiva, è stato così per il Centro sperimentale per la cinematografia di Roma, e Cinecittà, per l’accademia Paolo Grassi e Il Piccolo teatro di Milano, si pensi all’Actor Studio di New York ecc.
Formazione di qualità quale motore per la spinta verso l’alto della produzione culturale, focalizzando e ottimizzando le risorse umane e finanziarie, mobili e immobili, al raggiungimento di obbiettivi qualitativi non quantitativi.

 Riuscire a parlarne sarà già un successo.