sabato 5 ottobre 2013

Indebito

Posso dire che mi sarei aspettato di più? Si, credo di poterlo dire. Ieri sera al festival dell'internazionale a Ferrara, come ogni anno mi sono concesso un documentario. Questo festival sul piano di prime visioni di documentari e film, é stato sempre molto interessante, qui nel 2010, vidi il bellissimo Persepolis della fumettista iraniana Marjae Satrapi, qui ho visto documentari fenomenali, sconosciuti al grande ma anche al piccolo pubblico e destinati a rimanere tali, documentari in grado di creare interesse senza annoiare che andrebbero distribuiti anche nel main stream, ma che solo alcune realtà interessanti  ripropongono ( come il Kinodromo a Bologna). D'altronde il nostro é un paese superficialotto e il documentario non é mai stato visto come un prodotto degno di attenzione.
Visti dunque i precedenti va da se che ieri sera con le giuste aspettative, sono andato a vedermi l'ultima creazione del giovane regista Andrea Segre, commissionato, voluto e interpretato da Vinicio Capossela. Il documentario "Indebito" presentato al festival di Locarno, prodotto da Jole film in collaborazione con Rai Cinema, é una sorta di documento musicale, sul genere di "The blues" la serie di 7 documentari sulla storia del blues curata da illustri registi, porto un ottimo ricordo di quello di Scorzese "Dal Mali al Mississipi".  Fin qui tutto fila, Indebito é un ottimo documentario di genere. Il punto é che la centralità del documentario, non é la musica, almeno, non nella presentazione dello stesso, n'è tantomeno nella impostazione di marketing editoriale con il quale il documentario é stato presentato al pubblico. La centralità del documentario é di fatti la Grecia, ancor più la Grecia della crisi, ancor più la Grecia vilipesa, disonorata, commissariata, privata di una sua identità da un occidente che la riconosce alla stregua di cancro. La Grecia quale emblema della crudeltà del mondo globalizzato, del Wto, degli stinking found, del debito e dell'indebito. Questo é il sottotitolo del documentario, almeno su questo ruota la scelta di farlo in Grecia e soprattutto di farlo ora, e non 5 anni fa, ne tra 10 anni. 

É così  che dopo aver capito cosa é significato per la Grecia ristrutturare il suo debito con gli Swap, dopo aver aver visto un popolo privato dei principali diritti di democrazia con il boicottaggio dei poteri forti dell'Europa nei confronti di un referendum per poter decidere se rimanere o uscire dall'euro, dopo aver condiviso sui miei profili social network per urlarlo a gran voce, che l'assassinio di Pavlos Fyssas il rapper greco antifascista non poteva passare in sordina in Europa, perché ucciso dal gruppo neo-nazista Alba Dorata, oggi presente in parlamento ad Atene, dopo tutto questo, le mie aspettative sul documentario di Segre era di tutt'altra portata. Seppur non ami i suoi lungometraggi nei quali si é cimentato negli ultimi anni, molto mi sono piaciuti documentari come "Il sangue verde" o "Mare chiuso" documentari che esaminavano le tematiche scottanti della tratta di vite umane, della clandestinità delle nuove schiavitù.

 Indebito invece é un violoncello che suona la melanconia di un mondo congelato, la riscoperta del Rebetiko musica di immigrati di frontiera, fatta di canzoni d'amore e ribellione, di storie sottoproletarie intonate in canti quasi gregoriani, accompagnati da strumenti quali il Bouzoky o il Baglams con il quale Capossella gira per le strade di un Atene fantasma. L'intento é nobile e il risultato appassionante anche se lungo e ripetitivo, ma le aspettative sono tradite. La musica che in Grecia si oppone é in guerra con Alba dorata, e gira sui piatti di un dj, i writers e i graffiti di cui Atene é ormai piena, sono in prima linea contro le angherie della Troika, c'è un popolo che disperatamente cerca di farsi ascoltare, e non con le canzoni popolari degli anni '30. Atene merita attenzione, non le romantiche dediche di un artista che si pone per differenza.  Il documentario é d'autore, ma i personaggi e il popolo che rappresenta ne sono disperatamente in cerca.